mercoledì 31 dicembre 2014

Il futuro del latte e del formaggio!

Si conclude un vecchio anno e ne ricomincia uno nuovo....purtroppo
con tante (troppe) incertezze anche nel mondo lattiero caseario!

Tante notizie "sconfortanti" dal punto di vista economico in questo 2014 passato:

-Latte: allevatori di nuovo sul piede di guerra contro la UE

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-Allarme parmigiano reggiano: calano la domanda interna e le esportazioni
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Vi sono state  però anche notizie che da un certo punto di vista possono dare "fiducia" per un nuovo anno di cambiamenti!
- Il mercato dei Formaggi freschi non conosce crisi



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E' notizia di qualche mese fa:
Coca Cola entra nel mercato del latte salutista


Qualcuno negli Stati Uniti l'ha già soprannominato "Milk Cola". 
In realtà si chiamerà "Fairlife" ed è il latte che il gruppo Coca-Cola si appresta a presentare sul mercato, estendendo così la sua offerta di prodotti al di fuori delle bibite. 
Ma visto che di latte ce n'è in giro già tanto e che agli americani, in particolare, i prodotti piacciono di più se sono "arricchiti" con qualcosa,
Fairlife sarà più un drink a base di latte con il 50 per cento di proteine in più e il 30 per cento di zucchero in meno, con molto calcio e zero lattosio.
Naturalmente  produrre un latte con queste caratteristiche costa di più; ci si aspetta quindi un prezzo di vendita "elevato" per un prodotto destinato ad un mercato di consumatori che "potrà" spendere di più!

Che questo possa far da traino per cercare di "invertire" la tendenza dell'attuale mercato del latte?
( ad oggi la tendenza è produrre sempre di più = minore qualità = continua corsa al ribasso delle quotazioni) 

Che si possa seguire la stessa strada anche nel proporre un "formaggio di elevata qualità" ?

A voi le risposte!

Auguri a tutti di BUON 2015

venerdì 21 novembre 2014

Il formaggio CASERA della Valtellina

Carissimi seguaci del blog,
con l'avvicinarsi della stagione invernale, mi sorge spontaneo il desiderio di un buon piatto "caldo" con del buon formaggio di montagna fuso, tipo Polenta e formaggio o addirittura di "Pizzocheri della Valtellina"  con formaggio Casera  appunto!

E' doveroso quindi  fare un cenno a questo formaggio valtellinese che si affianca ai diversi formaggi stagionati di Montagna ( tipo Fontina,  Bitto, Vezzena, Carnia, Latteria etc.) che tratteremo nei prossimi post.

Il Casera è il formaggio tipico delle montagne della Valtellina: un formaggio a pasta semicotta, prodotto da latte vaccino di razza bruna-alpina alimentate con erbe tipiche di zona, che  trasferiscono al formaggio tutti i sapori delle erbe aromatiche della montagna valtellinese.
E' diventato a marchio DOP ( Denominazione di Origine Protetta ) e rappresenta la tradizione culinaria e storica della gastronomia valtellinese.
La storia del Casera ha origine con la nascita delle prime latterie sociali in Valtellina, intorno al 1500. Nei secoli successivi le latterie si diffusero in varie località della provincia di Sondrio.
Il Casera della Valtellina viene prodotto con latte vaccino parzialmente scremato, proveniente da due o più mungiture e scremato per affioramento: storicamente il latte conferito la sera è lasciato riposare in bacinelle e successivamente scremato, mentre quello della mattina seguente veniva aggiunto intero.
La coagulazione avviene  a 35-37°C  ottenuta con l’uso di caglio di vitello, rotta sino alle dimensioni di chicco di mais.

La massa caseosa viene successivamente  cotta ad una temperatura compresa fra i 40° e i 45° C, quindi dopo una breve sosta sotto-siero caldo, viene porzionata e posta in fascere sotto leggera pressatura. Segue la salatura che può avvenire in apposita "salamoia" oppure a mano sulle varie facce.
La stagionatura è di minimo 60 giorni ed avviene nelle tradizionali "casere" o adeguate celle di maturazione.
Il formaggio Casera si presenta in forme cilindriche regolari, larghe dai 30 ai 45 cm., con un altezza di 10 cm circa e un peso variabile da 7 a 12 kg.
La pasta è compatta, al taglio il colore è variabile dal bianco al giallo paglierino, a seconda della stagionatura a cui la forma è stata sottoposta.
Il sapore dei Valtellina Casera é dolce, caratteristico, con una nota di frutta secca, delicato, e diventa più intenso con il procedere della maturazione.
Il Casera è tutelato dal Consorzio di tutela del Valtellina Casera e Bitto,  con sede a Sondrio
Il Casera  "giovane" trova ottimo abbinamento con vini bianchi, tipo "terre di Franciacorta Bianco" o " Bianco dell'Alto Adige".  Le forme più stagionate  si degustano meglio con del "Rosso" tipico della zona "Rosso Valtellina DOC"


Alla prossima!

sabato 6 settembre 2014

I Formaggi Freschi spalmabili, tipo Caprino e Quark


Salve a tutti,
recentemente, durante una breve trasferta in Rep Ceca,  ho avuto l'opportunità di vedere la produzione di un formaggio fresco spalmabile (tradizionale) dal gusto tendenzialmente acido chiamato  tvaroh.


Si tratta praticamente del nostro formaggio fresco spalmabile ( a lavorazione lattica) ,comunemente chiamato in Italia "Caprino" ( se fatto da latte di Capra) o ancora in Piemonte zona Canavese
il " Tomino a rotolo" etc.


Molto diffuso in Germania conosciuto come Quark o anche Weißkäse, in Baviera e Austria Topfen, è un tipo di formaggio fresco spalmabile prodotto dal latte vaccino.
E' un formaggio fresco dall'aspetto  simile alla ricotta. Viene spesso usato come ingrediente in cucina e in pasticceria. Nel passato il termine italiano ricotta veniva tradotto in tedesco con Quark; in seguito all'affermazione dei prodotti alimentari italiani in Germania è diventato d'uso comune anche il termine 
( improprio) di Ricotta di latte .
Negli USA  è molto utilizzato per la produzione della locale torta di formaggio (cheesecake oppure  di cream cheese.


Per la sua produzione il latte viene fatto fermentare con l’aggiunta di batteri lattici mesofili   e caglio
A coagulazione avvenuta, il coagulo viene travasato in sacchetti di tela fine e il siero viene quindi separato comprimendo la massa cagliata e lasciandolo gocciolare (nella produzione industriale il siero viene separato in apposite macchine  centrifughe). 

Il formaggio viene poi fatto passare in un apposito mescolatore e arricchito con panna, in quantità adeguata al contenuto di sostanza grassa che si vuole raggiungere nel prodotto finito (in Germania sono disponibili in commercio quark con un contenuto di grasso del 10, 20 e 40% sul secco). 




Industrialmente, il quark può essere prodotto anche con il sistema dell’ultrafiltrazione oppure con la tecnologia "senza spurgo" tramite l'uso di "MPC funzionali - proteine del latte".



Resto disponibile ad approfondire l'argomento. Contattatemi.

Alla prossima.

lunedì 16 giugno 2014

Latte e Formaggi fanno bene o male?

Salve a tutti, 

osservo che ciclicamente torna di attualità il problema 
"Bere Latte e mangiare Formaggi fa bene o fa male?

link notizia



Traggo spunto anche dal ragionamento  di Roberto Rubino letto recentemente
presidente ANFoSC -Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)

C’è  effettivamente una parte di consumatori che osteggia fortemente il consumo di latte ed di formaggi. 
Lasciando da parte le scelte di carattere ideologico (es. vegani, animalisti), cerchiamo di restare sul terreno scientifico, storico e su dati di istituti di ricerca seri e prestigiosi. 


Latte, Burro e Formaggi non sono loro i responsabili delle malattie di cuore, riporta il British Medical Journal. 

Il loro consumo - equilibrato e senza eccessi come tutti gli alimenti - non è dannoso come si pensava un tempo.



Nella Storia di formaggi ne scrive Omero, raccontandoci come Polifemo producesse quello che oggi è conosciuto come il Canestrato. 
Il consumo di latte fresco , soprattutto quello di capra, viene anch’esso da lontano.

Domanda: come è possibile che la natura abbia messo a disposizione un alimento di per sé pericoloso e non abbia, al contempo, provveduto a creare anticorpi, difese comportamentali? 

Nell'epoca del Rinascimento il medico, astrologo svizzero Paracelso 
diceva che "è la dose che fa il veleno".
In natura ci sono molte piante velenose, ma gli animali sanno come evitarle, evidentemente perché queste hanno molecole odorose ripugnanti o la cuticola urticante. 
Probabilmente anzi sicuramente il latte non è più quello di una volta ed allora passo alla seconda osservazione.
Domanda: tutto il latte è uguale? Tutti i formaggi, la pasta, la carne,la frutta, le verdure ecc., sono uguali.?
Ovviamente la risposta è no!
Il latte non è tutto uguale, o meglio lo è (quasi) se prendiamo in considerazione i soliti parametri: grasso, proteine, carica batterica e cellule somatiche. 
Si sta studiando il rapporto omega6/omega3, che deve essere il più basso possibile. 

Si può parlare di latte al singolare?  e di Burro o Formaggi ?



Provate a mettere  a confronto un Burro prodotto da latte di Alta qualità ed un Burro giallo, di produzione industriale, quasi sempre proveniente dall’estero. Un abisso!

Aspetto vostre osservazioni.

Alla prossima!



giovedì 27 marzo 2014

INCONTRO di AGGIORNAMENTO...in Piemonte

Salve a tutti,

ho avuto  il piacere di essere  invitato dall'Associazione Casare e Casari di Moretta (CN)  per esporre una mia relazione di carattere tecnico-applicativo sulle varie  tecnologie per la  produzione dello YOGURT.

Oltre al mio intervento, nelle due sale adiacenti vi saranno altri due esperti del settore che tratteranno altri interessanti argomenti, mentre in contemporanea si terrà una dimostrazione pratica sulle "Preparazioni a base di latte" presso il Laboratorio didattico  ( vedi programma)




Per chi fosse interessato e ...che si trovasse nella possibilità di raggiungere la sede di Moretta (CN)
sarò felice di condividere le mie esperienze e rispondere alle vostre domande.... di persona !

Vi aspetto.


sabato 15 marzo 2014

Parliamo di RICOTTA

Salve a tutti,

un'articolo redatto da Il Fatto Alimentare di alcuni mesi fa mi ha dato spunto per l'argomento di questo post
http://www.ilfattoalimentare.it/ricotta-calorie-pecora-latte.htm

lETICHETTE & PRODOTTI

La ricotta è davvero magra? Dipende dal latte e dal produttore. Meglio leggere l’etichetta


La ricotta, pur essendo un prodotto caseario, non si definisce formaggio ma viene classificata semplicemente come latticino: non viene infatti ottenuta  attraverso la coagulazione della caseina, ma bensì dalla flocculazione delle proteine del siero di latte, cioè della parte liquida del latte che si separa dalla cagliata durante la caseificazione.
Va considerato che dal punto di vista nutrizionale la ricotta ha un elevato contenuto di siero proteine nobili (albumine e globuline) importanti per il benessere dell'organismo umano.
Nella ricotta ottenuta classicamente dal siero residuo della produzione del formaggio invece, il processo di coagulazione delle siero proteine avviene ad un'alta temperatura (85-90 °C): il siero viene quindi praticamente  ri-cotto. 
E' pur vero che in alcune zone dell'Italia viene prodotta una cosiddetta "ricotta di latte" ( es. Bacio di Latte) ottenuta direttamente dalla coagulazione del latte intero  attraverso l'aggiunta di sali per ricotta.


Storicamente la tecnologia della ricotta consisteva semplicemente nel riscaldare il siero aspettandone la denaturazione e conseguente affioramento naturale della ricotta in superficie. Nei secoli si sono via via sviluppate tecnologie che, sfruttando la reazione di saturazione salina, si otteneva un migliore recupero delle siero-proteine ed una migliore qualità. Tali tecnologie sono quelle riconducibili all'impiego di  sali per ricotta. Spesso vengono anche aggiunte soluzioni acide (di acido citrico, lattico ecc.) per generare la coagulazione.
Il metodo tradizionale siciliano, ancora praticato in alcune piccole aziende agricole dove il formaggio viene preparato ogni giorno con solo latte fresco, si utilizza la scotta inacidita del giorno prima come catalizzatore: il liquido che rimane dopo la produzione della ricotta viene messo da parte, lasciato inacidire durante la notte per poi aggiungerlo alla nuova lavorazione di siero riscaldato.
La massa coagulata viene raccolta delicatamente, quindi posta in fiscelle-recipienti perforati (anticamente si usavano cestini di vimini o di canne) per far scolare il siero in eccesso. 

Il residuo di lavorazione detto scottaveniva utilizzato dai pastori per l'alimentazione dei maiali;
ancora oggi è utilizzato regolarmente negli allevamenti intensivi. 
La ricotta ha un sapore che volge verso il dolce, dovuto al lattosio presente nel siero in misura variabile dal 2 al 4 per cento, in funzione del latte utilizzato. Il contenuto in grasso varia dal' 8% (ricotta vaccina) al 24% (ricotta ovina).
La ricotta è uno dei latticini più semplici da realizzare (anche in casa) grazie all'estrema semplicità del procedimento di preparazione. Alla ricotta si può aggiungere lo zucchero per ottenere la ricotta dolce per la preparazione dei dolci.

Esistono varie tipologie di ricotte da latte vaccino, ovino, o anche dal gusto più intenso, di capra o di bufala, ( Ricotta di Bufala Campana) così come ce ne sono anche  di miste. 
Da un punto di vista strettamente nutrizionale viene annoverata tra i prodotti magri (130-240 kcal/100 g, )
a condizione che il siero non venga addizionato di latte o panna - crema di latte. 
Ecco l'importanza di leggere in ETICHETTA.


La ricotta in Italia non è protetta da una specifica normativa, ad eccezione del Reg. CE 852/2004 in materia di disposizioni di natura igienico-sanitario durante la produzione e il confezionamento.
Sono quindi diverse le tipologie di ricotte presenti sul mercato, con svariate caratteristiche chimico-fisiche , nonché organolettiche. Sono variabili anche le caratteristiche di durata del latticino che possono andare da 1-2 giorni dei prodotti agro-pastorali, sino ai 20-40 giorni di shelf-life dei prodotti industriali.
La conservabilità della ricotta fresca  è soggetta infatti alle condizioni in cui avvengono le fasi successive alla raccolta del coagulo, ed in particolare:
-il drenaggio della scotta ( lento o rapido)
-le modalità di confezionamento ( a caldo o a freddo)
-all'eventuale ri-pastorizzazione della ricotta prima del confezionamento a caldo ( processo industriale)
Uno dei metodi antichi per prolungare la durata della ricotta era anche quella di salarla.
Tra le varie tipologie esiste infatti la ricotta salata  che è ricotta addizionata di sale per la conservazione e fatta essiccare. 

Viene prodotta principalmente in Sardegna, Sicilia, Basilicata, Abruzzo, Puglia, Campania e Calabria e trova utilizzo in cucina grattugiata sulla pasta asciutta ed in particolare sulla ricetta siciliana della Pasta alla Norma, o come nella  ricetta abruzzese tradizionale degli Anellini alla pecorara,  Sempre in Sicilia è tipica la ricotta infornata ( salata, pepata e spennellata con un velo di tuorlo d'uovo per acquisire la caratteristica crosticina colorata durante la cottura in forno). Nelle valli valdesi, in provincia di Torino viene prodotto un particolare tipo di ricotta stagionata nel fieno che si chiama Saras del fen.

Resto disponibile ad approfondire il tema. Contattaemi.

Alla prossima

sabato 25 gennaio 2014

Come effettuare una buona sanificazione in Caseificio

Salve a tutti,

a seguito di alcune vostre richieste di approfondimento, torno a trattare nel dettaglio l'argomento della "sanificazione in Caseificio".
Avevo già trattato tempo fa questo argomento in maniera più generica
http://lattecagliosale.blogspot.it/2012/03/pulizia-e-sanificazione-in-caseificio.html

Oggi entriamo più nel dettaglio dei principi fondamentali  della "sanificazione".



La sanificazione prevede tutti quei trattamenti di natura fisica e chimica che sono effettuati
allo scopo di ottenere una superficie
* pulita fisicamente= priva di sporco visibile,
* pulita chimicamente = priva di residui di sostanze utilizzate nel trattamento di lavaggio,
* biologicamente sotto-controllo = il numero e il tipo di microrganismi inizialmente presenti siano
   ridotti a un livello accettabile.

Una superficie può essere considerata pulita quando è priva di tracce di contaminanti, non è untuosa al tatto, è inodore, e quando strisciando un fazzoletto di carta bianco non annerisce!
Le operazioni di sanificazione in Caseificio, se condotte in modo appropriato, consentono di eliminare una
parte notevole di microrganismi le cui cellule e spore, al contrario in caso di pulizia inefficace, lasciamo invece le condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza ed alla loro proliferazione.( caldo, umidità, sostanza organica).
Tuttavia la sola detersione non garantisce, per quanto scrupolosa, il completo allontanamento dei batteri indesiderati.

E' risaputo infatti che negli impianti ed attrezzature del caseificio è frequente trovare riscontro di formazione del cosiddetto "biofilm". In alcune tipologie di lavorazioni casearie artigianali, la presenza del "biofilm" (contenente particolari batteri lattici) è desiderata!
Nella lavorazione tradizionale di alcune tipologie di formaggio, la fermentazione del latte e l’acidificazione della cagliata è resa possibile dai batteri lattici presenti in associazione nei biofilm microbici presenti nelle pareti dei tini di lavorazione (in legno)



In altre situazioni ( attrezzatura plastica e/o inox) rappresenta invece  un problema di "contaminazione!


La formazione del biofilm è un processo lento, anche se può raggiungere lo spessore di qualche
millimetro in pochi giorni, a seconda della qualità della superficie dei materiali, della presenza di residui
proteici e dalla tipologia di microrganismi coinvolti.
Le cellule batteriche presenti nei biofilm evidenziano un’aumentata resistenza ai trattamenti antimicrobici        ( in particolare disinfettanti tipo sali d’ammonio quaternario e dei peracidi), attribuibile alla ridotta diffusione nella matrice dei principi attivi, alla produzione di enzimi degradanti e ai ridotti ritmi di sviluppo dei batteri
presenti negli strati più profondi.
Le microcolonie si espandono e si fondono tra loro formando uno strato di cellule che ricopre tutta la superficie. Se le superfici sono pulite e disinfettate regolarmente, il biofilm è inframmezzato da canali molto permeabili all’acqua; viceversa un’insufficiente trattamento determina una confluenza delle colonie fino a formare una vera e propria pellicola.

La capacità di sopravvivenza delle cellule microbiche che restano adese alle superfici dopo la detersione
e la possibilità che tali cellule proliferino e colonizzino l’impianto produttivo, rendono indispensabile
un trattamento complementare alla detersione per ridurre i microrganismi a livelli infinitesimali:
la disinfezione.

Un ottimo lavoro dove vengono esplicati e trattati i vari aspetti di una buona "Sanificazione nelle industrie alimentati", è stato pubblicato dal Dipartimento di Sanità pubblica del SS Regione Emilia Romagna ( Asl di Modena) da cui ho tratto alcuni spunti e schemi sull'argomento.

Chiariamo innanzitutto che  la sanificazione consta di due fasi in successione, 
1. detersione, ovvero allontanamento dello sporco, per sottrarre ai microrganismi il loro terreno di
sviluppo;
2. disinfezione, ovvero impiego di agenti fisici o di molecole in grado di uccidere i microrganismi.
Lo scopo della sanificazione è distruggere tutti i batteri patogeni eventualmente presenti e ridurre
al minimo la contaminazione batterica generica.
Un’efficace disinfezione presuppone sempre un’accurata detersione; solo in casi particolari e in ambienti poco sporchi, si possono associare detersione e disinfezione in un’unica fase utilizzando alcuni prodotti che lavano e disinfettano contemporaneamente ( es. alcalino-clorati)


DETERSIONE
La detersione fisica consiste nell'asportazione meccanica dei residui grossolani e nel risciacquo con
acqua tiepida immediatamente al termine del lavoro;
l’azione detergente è affidata allo sfregamento manuale e alla pressione dell’acqua.
Il detergente chimico è una sostanza che riduce l’energia meccanica richiesta dal processo di
detersione (minor fatica).


Generalmente un detergente è formato da tensioattivi (10-15 %) e prodotti complementari.
I Tensioattivi aumentano il potere bagnante dell’acqua (cioè la capacità di penetrazione del detergente nei punti altrimenti difficilmente accessibili e all'interno delle particelle di sudiciume) in modo da rimuovere
le particelle dalla superficie e portarle in sospensione.
I tensioattivi hanno diverse azioni :
azione bagnante = il solido sospeso è fortemente bagnato
azione emulsionante = le sostanze grasse non solubili sono emulsionate
azione detergente = diminuisce la tensione superficiale e la pellicola di sporco viene disaggregata in micelle.

Esistono varie tipologie di prodotti detergenti:


Detergenti acidi, 
composti da acido cloridrico, acido fosforico, acidi organici.
impiego: rimozione delle incrostazioni inorganiche dalle superfici.
Sono prodotti aggressivi e come tali usati con attenzione (mai su marmo, granito, pietre naturali, zinco,
stagno ). Da preferire sono sempre i prodotti contenenti acido fosforico e citrico con i quali si possono pulire anche le attrezzature in acciaio inox.

Detergenti neutri o debolmente alcalini
Agiscono sullo sporco pigmentario, agglomerato e grasso leggero.
impiego: lavaggi manuali o per necessità di applicazione su materiali  delicati che si corrodono facilmente.
(rame, alluminio ecc.)

Detergenti alcalini, 
composti da tensioattivi (anionici/non ionici), sequestranti/chelanti, alcali (prodotti sgrassanti), ossidanti
(cloro), solventi (prodotti senza risciacquo)
impiego: rimozione dello sporco organico, sono i detergenti più usati in ambito alimentare.

Detergenti caustici, 
composti da idrossido di sodio.(soda)
Impiego: disgregazione di sporco particolarmente ostinato (molto grasso e carbonizzato).

Non esiste un unico detergente universale che possa essere utilizzato per qualsiasi operazione di
lavaggio. E’ opportuno scegliere un detergente in rapporto 
 -alla tipologia dello sporco,
- alle caratteristiche della superficie da trattare
- alla durezza dell’acqua usata
- alla temperatura di lavaggio,
- alla tecnica di applicazione,

Fasi della detersione

1. asportazione meccanica dello sporco grossolano

2. risciacquo iniziale con acqua tiepida a temperatura attorno a 45°C per sciogliere i grassi e
favorirne il distacco, (mai superiore a 60°C per evitare di "cuocere" proteine, zuccheri o grassi,
rendendoli più tenacemente attaccati alle superfici da pulire).
3. applicazione del detergente: poiché la maggior parte dei residui alimentari (proteine e
grassi) non si sciolgono nell'acqua, per eliminarli completamente occorre impiegare un
detergente che stacchi lo sporco dalla superficie e ne permetta l'allontanamento con il
risciacquo successivo
4. risciacquo finale con acqua fredda,



Ricorda che:
prima di cominciare le pulizie tutti gli alimenti devono essere riposti in frigo o in deposito.
• al termine del ciclo di produzione la pulizia non va rinviata per più di un ora per evitare che lo
sporco si secchi e divenga più tenace e aderente.
le operazioni di pulizia devono procedere dall'alto al basso per concludersi con il pavimento
• occorre evitare di usare getti d'acqua ad alta pressione (pulivapor, idropulitrici) perché le
goccioline prodotte rimangono in sospensione nell'aria per lungo tempo (fino a 8 ore) e possono
reinquinare le superfici sanificate.
• le parti smontabili delle attrezzature vanno rimosse prima di essere pulite
la soluzione detergente deve essere preparata alla concentrazione consigliata dal produttore
(vedi etichetta o scheda tecnica), perché una soluzione troppo diluita è inefficace mentre una
troppo concentrata è inutile e può corrodere i metalli
la temperatura ottimale è circa 45-55°C, a temperature più basse i grassi non si sciolgono (l’acqua
tiepida al massimo arriva a 45°C dopodiché diventa ustionante per le mani). La temperatura indicata per il lavaggio dei serbatoi inox, pastorizzatori inox deve essere invece più alta, tra i +60 e i 75°C
il tempo di contatto è in genere di 5-20 minuti (vedi etichetta o scheda tecnica)
• può essere necessario associare un intervento meccanico di spazzolatura ("olio di gomito")
risciacquare bene! Se non si risciacqua, i residui di detergente possono inattivare il disinfettante che sarà applicato nella seconda fase e comunque il residuo di detersivo può alterare il sapore degli alimenti che si
andranno a produrre successivamente



DISINFEZIONE
La disinfezione  comporta la distruzione certa dei batteri patogeni (non sporigeni) e la riduzione accentuata della presenza dei batteri . Esistono due tipologie di disinfettanti: FISICI e CHIMICI

DISINFETTANTI FISICI

CALORE
Quando un microrganismo viene scaldato a una temperatura sufficientemente alta per un tempo
adeguato, viene ucciso.
La maggior parte delle specie microbiche è in grado di accrescersi in ambienti con temperature
prossime a 46°C. A temperature superiori, le cellule muoiono con velocità tanto maggiore quanto
più elevata è la temperatura dell’ambiente.
I Microrganismi termofili si accrescono solo a temperature superiori a 45°C e comunque fino a 60-
75°C. Per inattivare questo tipo di microrganismi, si debbono quindi raggiungere temperature
superiori.
Fiamma diretta: consiste nel lambire le superfici con una fiamma emessa da un flambatore portatile.
Calore secco: il calore secco è meno efficace di quello umido.
Calore umido:
Bollitura: bastano 2-3 minuti per eliminare le forme vegetative, mentre ne occorrono almeno 15 per
le spore.
Lavastoviglie: il ciclo asciugante è un’altra forma di calore umido che può essere usata per
disinfettare (non sterilizza).
Sterilizza-coltelli: l’immersione in acqua calda a 82°C per 2 minuti (o a temperature superiori per
tempi più brevi) consente la distruzione della maggior parte dei microrganismi.
Vapore: ha un maggior potere di penetrazione, tanto maggiore quanto più elevata è la
temperatura. In caseificio, per la sicurezza dell'operatore, risulta essere però molto pericoloso e può causare gravi infortuni all'operatore stesso.

DISINFETTANTI CHIMICI

I fattori che influenzano l’efficacia di un disinfettante chimico sono:

- durata dell’applicazione e temperatura della soluzione.
La temperatura influenza notevolmente l’effetto microbicida dei disinfettanti.
Generalmente esiste una relazione inversa tra temperatura, tempo di contatto e concentrazione del
principio attivo.
La durata del contatto fra prodotto e microrganismi non deve generalmente essere inferiore a 10 - 15'

- tipo e concentrazione del disinfettante



La concentrazione di alcuni disinfettanti (ad es. sali quaternari e biguanidi) NON può essere abbassata al

di sotto di certe soglie minime, anche se si decide di allungare a dismisura il tempo di applicazione.
C’è infatti il rischio di un trattamento inefficace e di favorire lo sviluppo di batteri meno sensibili (soprattutto psicrotrofi quali Pseudomonas).


- numero e tipo dei microrganismi.
La diversificazione naturale dei microrganismi genera una diversa sensibilità nei confronti dei
disinfettanti, al punto che questi sono suddivisi in virucidi, sporicidi, battericidi (G + e G -) e
fungicidi. Non esiste un disinfettante che sia in grado di agire efficacemente su tutte le classi


- natura della superficie e presenza di sporco.
La molecola attiva agisce solo se entra in contatto col patogeno; quindi i patogeni dislocati in
fessure, crepe delle piastelle, stretti pertugi di attrezzature, ben difficilmente vengono a contatto
con il disinfettante, a meno che questo non sia un prodotto molto "bagnante" .
Analogamente è molto difficile il contatto fra disinfettante (liquido o gassoso che sia) e patogeni
inglobati in  grasso, esporcizia.
La presenza sulla superficie di residui di materiale organico risulta essere la principale causa del
fallimento della disinfezione. L’effetto di inattivazione del disinfettante da parte dello sporco
organico è crescente dall’acido peracetico ai sali quaternari; nel caso del Cloro sono le componenti
proteiche dello sporco.



In definitiva il risultato di un buona SANIFICAZIONE dipende da diversi aspetti. 
Ogni fase della pulizia ha la sua fondamentale importanza.
A titolo di esempio è molto chiaro lo schema sotto riportato che vi può dare un idea di quello che 
succede ( o non succede se evitate una fase).


Allora meditate e...buon lavoro !

Alla prossima.