sabato 24 febbraio 2018

La rimozione dei biofilm microbici

La formazione di biofilm microbici  sulle superfici a contatto con gli alimenti
rappresenta una delle principali cause di contaminazione dei prodotti alimentari
e i microrganismi in esso presenti, protetti dalla matrice esopolisaccaridica, possono diventare particolarmente resistenti anche nei confronti dei sanificanti

Il biofilm è una comunità di cellule microbiche ancorate ad  una superficie e racchiuse in una matrice esocellulare di natura polisaccaridica e proteica. 






Il biofilm è costituito prevalentemente da acqua (80-90%) e nella matrice ingloba molecole di origine microbica e ambientale. 
L’adesione ha luogo su innumerevoli superfici (tessuti umani, dispositivi medici, linee industriali, sistemi acquatici ecc.) e si manifesta in una pellicola superficiale (film) il cui spessore può andare da un singolo strato di cellule a una spessa comunità avvolta in una matrice legante. 

Tali comunità multicellulari rappresentano uno stratagemma grazie al quale i microrganismi si adattano a diversi ecosistemi e si garantiscono un elevato livello di protezione da fattori avversi.

La formazione del biofilm sulle superfici, prevede una fase iniziale di adesione dei microrganismi molto rapida (alcuni minuti o ore) e reversibile a cui segue un adsorbimento irreversibile con lo sviluppo di microcolonie e la produzione della matrice esocellulare. 


Raggiunto lo stadio di maturità, si ha la propagazione di parte dello stesso biofilm nell’ambiente circostante. 
Diversi settori industriali possono beneficiare della presenza di biofilm sfruttando l’attività metabolica dei microrganismi ( per esempio nella gestione dei reflui o nel trattamento dei rifiuti o in vari processi biotecnologici fermentativi).

Tuttavia, il biofilm è più spesso associato agli effetti negativi che possono derivare dalla sua presenza nell’ambito industriale, ambientale e della salute pubblica.

All’interno della latteria o del caseificio i biofilm, spesso formati da comunità di batteri con attività degradativa o patogena, sono costituiti da una matrice polisaccaridica, da residui organici, da prodotti di corrosione oltre che da vari prodotti del metabolismo microbico. 

In alcuni casi il biofilm può essere un beneficio e certe comunità microbiche possono rappresentare un alleato del casaro, come nel caso dei formaggi a crosta fiorita dove batteri lattici e lieviti presenti sulla crosta riescono a competere con muffe e batteri patogeni. 
Nella produzione di alcuni formaggi tradizionali (Ragusano) le nicchie microbiche che si sviluppano nelle caldaie in legno partecipano con la loro carica enzimatica alla formazione dell’aroma durante la maturazione di questi formaggi.




Nella gran parte dei casi, la formazione di un biofilm nell’industria lattiero-casearia può avere gravi conseguenze sulla qualità e sicurezza del prodotto finito ed è influenzata dalle caratteristiche delle superfici interessate, che a loro volta vengono modificate dal fluido in movimento e dai trattamenti che questo subisce. 
Nel caso in cui il latte venga sottoposto a un trattamento termico si forma la cosiddetta “pietra da latte”, un deposito poroso di natura proteico-minerale (fosfato di calcio) che si stratifica sulle superfici formando un reticolo in grado di dare rifugio alle colonie del biofilm. 




In generale, possiamo distinguere:

- biofilm di processo, che si formano sulle superfici a diretto contatto con il prodotto durante la lavorazione e riguardano gli impianti chiusi (linee trasporto latte-siero , scambiatori di calore, evaporatori, unità di filtrazione ecc.). 
Sono presenti in caseificio soprattutto nelle tubature del latte e del siero e sono costituiti da batteri degradativi quali Pseudomonas o Bacillus o patogeni quali Staphylococcus o Listeria;


- biofilm generici, cosiddetti perché interessano varie parti dello stabilimento, in particolare pavimenti, pozzetti di scarico, pareti, nastri trasportatori, sistemi di spazzolatura del formaggio o apparecchi di refrigerazione. 
I biofilm generici sono caratterizzati da una microflora composita e sono di interesse soprattutto per la presenza di eventuali patogeni come Listeria monocytogenes, mentre in quelli di processo spesso si ha il sopravvento di una singola specie batterica, per esempio selezionata a seguito dei trattamenti termici di risanamento.

I biofilm di processo sono più rapidi a formarsi, per esempio nella sezione di rigenerazione di uno scambiatore di calore possono bastare poche ore, mentre quelli generici possono richiedere giorni o settimane. 
Queste contaminazioni biologiche riguardano anche l’azienda zootecnica, e in particolare le attrezzature, le linee, gli impianti per la raccolta e stoccaggio del latte crudo e i mezzi di trasporto. 




E' possibile che un biofilm “maturo” possa rilasciare cellule batteriche o spore e andare a contaminare una materia prima di qualità o l’impiantistica a valle, in altre parole sono responsabili delle cosiddette contaminazioni crociate. 

Alcuni enzimi di natura proteolitica, liberati dai batteri intrappolati nella matrice esocellulare del biofilm, possono essere considerati responsabili del deterioramento di diversi prodotti lattiero-caseari. 
La microflora psicrofila (in particolare Pseudomonas), adattabile a svariati ambienti, può attecchire agli impianti di stoccaggio o di trasporto del latte crudo e formare un biofilm che rilasciando enzimi degradativi per esempio altera la qualità del latte UHT (con fenomeni di coagulazione o formazione di depositi) anche a distanza di diversi giorni dal confezionamento. 
Fenomeni di questa natura sono dovuti anche a spore termoresistenti di Bacillus, che dalle linee di processo possono finire nel prodotto finito e rappresentare un serio problema economico e di immagine per l’industria. 

Altri biofilm particolarmente difficili da rimuovere (Aeromonas e Legionella) possono essere veicolati dall’acqua usata per la sanificazione.

Fonte http://www.lattenews.it/la-rimozione-dei-biofilm-microbici-nellindustria-lattiero-casearia/

Biofilm e sanificazione
La causa principale della formazione di biofilm è l’inadeguata sanificazione delle
superfici (Sharma e Anand, 2002; Peters, 2003). 

Conoscere gli effetti che i vari disinfettanti hanno sui diversi microrganismi è
fondamentale per comprendere l’efficacia  o meno di un composto nei confronti di un determinato batterio. 

Ma quando i microrganismi sono organizzati in biofilm, tanto più se multispecie, diventano notevolmente più resistenti all’azione del biocida, per cui, a seconda delle interazioni microbiche all’interno del biofilm e dell’età di questo, si può avere una diversa risposta nei confronti del biocida. 

Questo può causare  che le concentrazioni e i tempi di trattamento raccomandati,  possono risultare insufficienti per inattivare la microflora presente, in quanto parte del principio attivo può interagire
con la matrice esopolisaccaridica che avvolge il biofilm;
inoltre , l’EPS può agire da barriera alla penetrazione del biocida e impedire che questo possa raggiungere le cellule microbiche (figura 2).




I composti proteici all’interno dell’EPS e i  residui di proteine presenti sulle superfici di  lavoro possono reagire chimicamente con l’agente biocida, come nel caso dei composti clorati, provocando un calo della concentrazione

del principio attivo, riducendone  quindi l’efficacia.

Un programma di sanificazione consta di due fasi in successione:

1) detersione: l’allontanamento dello sporco grossolano visibile, mediante l’utilizzo di sostanze detergenti;

2) disinfezione: l’impiego di agenti fisici o chimici in grado di uccidere i microrganismi.

Un’adeguata disinfezione presuppone sempre un precedente e accurata detersione, che ha la funzione di rompere i legami chimici che si creano tra i residui della lavorazione e il substrato inerte. 

La scelta del detergente dipende prevalentemente dal tipo di residuo da asportare (se organico, inorganico, o miscele di entrambi) e dal tipo di superficie. 

I residui organici vengono solubilizzati da soluzioni alcaline, mentre per i residui  di natura prevalentemente inorganica, sono consigliati detergenti acidi più o meno forti.

Per maggiori approfondimenti, vi rimando ad un mio precedente post

link https://lattecagliosale.blogspot.it/2014/01/come-effettuare-una-buona-sanificazione.html

Certamente una pulizia adeguata consente di prevenire la possibile formazione di biofilm sulle diverse superfici. 
D’altra parte, è esperienza consolidata che è possibile ridurre notevolmente
il rischio di colonizzazione delle superfici di lavoro da parte dei microrganismi,
se si interviene in maniera tempestiva con adeguate procedure di detersione e di disinfezione, allontanando i residui di lavorazione e inattivando le cellule microbiche che si trovano ancora allo stato planctonico e pertanto molto più sensibili all’azione biocida.

Resto disponibile ad approfondire l'argomento. Contattatemi.

Alla prossima.






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